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Contributo del vicepresidente Lillo Zaffino ai lavori del Consiglio provinciale del 29 giugno 2019 28 Giugno 2019

La convocazione del consiglio provinciale del Mcl di sabato 29 giugno coincide con il compimento del primo anno o poco più dalla tornata elettorale che ha profondamente inciso sulla formazione dei governi nazionale, regionale e delle città metropolitane siciliane.

Un risultato che ha ribadito la crisi dei partiti tradizionali, ormai relegati a reperti storici, e ha riconfermato il disancoramento da robusti vincoli ideologici che mantenevano saldi rapporti di appartenenza con determinate forze politiche dotate di un forte  profilo  identitario riconoscibile e aggregante.

La crescente volatilità del consenso elettorale ha prodotto quindi un’inconsueta accelerazione della valutazione e dei giudizi, che ha inciso sul  rapido cambiamento di orientamenti.

Un mutamento epocale fotografato anche da dati statistici disaggregati che registrano il 70% della mobilità del corpo elettorale, mantenendo solo il 30% di consensi coerenti con il voto precedente.

Se a siffatti elementi si aggiunge che gli astenuti, sempre in crescita, hanno raggiunto quasi il 30% si comprende la preoccupazione per  un ipotizzato aumento del disimpegno di parti consistenti della società dalla minima partecipazione alla vita politica e sociale del Paese.

In questo quadro, si riflette anche l’iperbolica crescita dell’uso e a volte dell’abuso dei social network per comunicare le cangianti opinioni, che piegate alle modalità sintetiche di espressione del mezzo, sono indirizzate più alla “pancia” e ai “sentimenti” che alla libera riflessione delle persone. Una rivoluzione che ha attraversato l’intera comunità.

Nessuna sorpresa, quindi, se alla guida del governo del Paese si siano insediate due forze politiche antitetiche, latori di progetti e programmi contrastanti, privi di una comune visione per il futuro.

 Il collante gialloverde, formalizzato in un sempre più improbabile contratto, rimane il vituperato esercizio del mero potere.

La debolezza strutturale dell’Esecutivo è testimoniata dai continui scricchiolii dell’instabile apparato che potrebbe cedere rovinosamente in tempi brevi.

In questo contesto, il MCL non può sottacere la preoccupazione per i tentennamenti del governo nei rapporti con l’Europa e per alcune iniziative che intendono sostenere le tentazioni centrifughe delle regioni economicamente forti finalizzate all’autonomia differenziata: l’anticamera per accentuare la sostanziale divaricazione tra il Nord d’Italia e il Mezzogiorno.

Temi attualissimi posti puntualmente dal movimento sindacale unitario nell’ultima manifestazione di Reggio Calabria insieme alla rivendicazione per un reale sviluppo e infrastrutturazione del Sud, con particolare attenzione all’Area dello Stretto e all’esigenza di rimuovere gli ostacoli ideologici alla realizzazione del Ponte.

Il MCL pone una coerente attenzione all’evoluzione delle politiche del lavoro proposte, osservando che deve essere esaltata la dignità e la libertà dell’uomo e concordando perfettamente con l’auspicio di Papa Francesco:

“L’obiettivo vero da raggiungere non è il reddito per tutti, ma il lavoro per tutti”

In questo senso, bisogna, attraverso puntuali e stringenti controlli, scongiurare il rischio che i fruitori si adagino sul sussidio ricevuto, rinunciando alla ricerca attiva di un vero impiego.

Un esercizio sempre più complesso nel Meridione, dove, secondo i recenti dati Eurostat, almeno quattro regioni non raggiungono il 50% degli occupati: Campania, Calabria, Puglia e ultima la Sicilia con il 44,1%, appena sopra la peggiore realtà francese dell’Africa.

Il MCL rimane con un giudizio sospeso sul governo regionale, tenuto conto dello sconvolgimento avvenuto con il radicale cambio di rotta rispetto al deludente precedente esecutivo guidato da Crocetta.

Questo periodo di rodaggio della squadra del governatore  Musumeci  è servito per ripristinare una minima  agibilità della macchina burocratica regionale e predisporre un piano di rilancio di investimenti in opere pubbliche e infrastrutture , dopo un serrato confronto con il governo nazionale. Ora il tempo è scaduto, e si attendono provvedimenti efficaci per agganciare un virtuoso processo di sviluppo dell’economia siciliana.

L’intercettazione di nuove risorse economiche è la pressante preoccupazione di quasi tutti gli Enti Locali siciliani che, se costretti a dichiarare il dissesto economico- finanziario, rischiano il fallimento. Una disastrosa situazione trasformatasi in una clamorosa  protesta del movimento di sindaci siciliani, guidati da quello della città metropolitana di Messina, Cateno De Luca, per ottenere uno straordinario aiuto economico dallo Stato.

Un finanziamento per consentire la chiusura dei bilanci correnti e predisporre la programmazione triennale degli Enti territoriali, condizione propedeutica per liberare risorse destinate a investimenti produttivi.

In siffatto scenario, si inseriscono le singolari condizioni della realtà messinese con le crescenti condizioni di precarietà finanziaria e di incertezza istituzionale della Città metropolitana e  del grave perdurante conflitto tra l’amministrazione attiva, con in testa il Sindaco, e il Civico Consesso del Comune capoluogo.

Una peculiare realtà che affonda le radici nello specifico sistema elettorale che regola l’elezione del primo cittadino in Sicilia, che privilegia il carisma del candidato a sindaco rispetto alle proposte  programmatiche.

Una rappresentazione plastica delle conseguenze che si possono determinare è riconducibile alle ultime consultazioni elettorali per la selezione del governo del Comune di Messina.

Una prima significativa scelta di discontinuità con il sistema fondato sui partiti è stata operata dai messinesi con l’elezione a primo cittadino di Renato Accorinti che incarnava l’antiapparato, con l’originale proposta di governo dal basso. Come è noto, l’esperienza, consumato il periodo di un sincero entusiasmo per l’approccio e per il cambiamento delle modalità di amministrare, si è incagliata nei meandri della burocrazia comunale e ha subito l’opposizione delle altre articolazioni istituzionali, a cominciare dal Consiglio, dove la squadra di Accorinti poteva contare su uno sparuto numero di membri, mentre  una schiacciante maggioranza era  contraria all’esecutivo dell’Ente.

E così, nell’arco di cinque anni, i cittadini, che avevano accompagnato trionfalmente  il sindaco del cambiamento a Palazzo Zanca, hanno rapidamente mutato opinione giudicando negativo il bilancio della gestione e hanno scortato fuori Accorinti, senza cerimonie.

Tuttavia, i messinesi, nel rinnovare gli Organi di governo della città, legittimamente hanno preferito ancora  affidarsi a un uomo carismatico e politicamente  istrionico come Cateno De Luca che, pur affermandosi agevolmente nel ballottaggio per la carica di primo cittadino, non può contare nessun consenso nel Consiglio Comunale, poiché nessun candidato presentato nelle sue liste è stato eletto.

Un’instabilità istituzionale con la quale De Luca è costretto sistematicamente a fare i conti e verso cui mostra sempre di più un’insofferenza, talvolta straripante verso atteggiamenti e dichiarazioni non consoni al ruolo istituzionale rivestito.

Nonostante, un inizio di consiliatura effervescente condito da ricorrenti minacce di dimissioni del sindaco, nel Consesso cittadino, anche per l’apporto costruttivo di alcuni sindacati, si sono approvati alcuni provvedimenti di notevole spessore politico e in tempi relativamente brevi, riassunti dalla cornice politica del “Salva Messina”.

Un rapporto istituzionale che, dopo le elezioni europee che alcuni osservatori giudicano deludenti per le aspettative di De Luca, si è ulteriormente deteriorato determinando uno stato di stallo dell’organo deliberante e il mancato esito di atti essenziali per l’avvio di alcuni servizi.

L’aspro dibattito consequenziale, con toni inopportuni, hanno cristallizzato le posizioni del sindaco, che ha fissato una nuova  data di dimissioni per fine anno e per utilizzare il periodo aprile- giugno per le consultazioni elettorali.

La ferma risposta e la rivendicazione del proprio ruolo di organo eletto direttamente dai cittadini è stata fornita dal presidente del Consiglio Comunale Cardile che, dopo aver precisato che questo consesso è largamente più produttivo dei precedenti, ha ricordato che i Consiglieri non sono dei “sudditi”, ma devono essere rispettati per il loro ruolo di rappresentanza democratica.

Una grave situazione che rischia di aprire scenari imprevedibili e nocivi per l’intera comunità messinese costretta a rivivere opachi periodi di commissariamento e di instabilità politica: terreno fertile per l’affermarsi di proposte che muovono da logiche populistiche e sovente velleitarie.

Il MCL ritiene di dover contrastare una siffatta propensione attraverso  la mobilitazione dell’ enorme bacino di energie civiche della comunità.

In questo senso, i cattolici sono impegnati a riconquistare un ruolo da protagonisti per dispiegare, in tutta la sua dimensione, il potenziale dei valori contenuti nella dottrina sociale della Chiesa.

Sul piano pragmatico, il MCL intende realizzare una piattaforma programmatica alimentando un confronto continuo e costruttivo non solo con i cattolici impegnati in politica, ma anche con soggetti laici che immaginano a livello territoriale una società non in contrasto con i principi universali della cultura cristiana.

 

Lillo Zaffino